Durante una sua intervista a Vanity Fair Michele Bravi, che tra poche settimane salirà sul palco di Sanremo (dopo un inizio di carriera post X-Factor a mio parere gestita malissimo – dalla sua casa discografica), ha fatto coming out.
Tralasciando quelle orribili e stupide battute “ma tanto ma già si sapeva!” che di certo non aiutano né lui né qualsiasi altra persona omosessuale che nella vita abbia voglia di autodeterminarsi come qualsiasi altro essere umano al mondo, mi voglio soffermare su un passaggio che vedo ripetere spesso dai giovani ragazzi (gay).
“Non vorrei usare etichette, appartengono alle vecchie generazioni e discendono da un modo di ragionare che considero superato e anche un po’ discriminatorio”
Questo è totalmente sbagliato. La serenità nel sapere che esiste un termine che ti descriva, anche se non in maniera completa, è un modo per esistere. Perchè nominarsi equivale ad esserci: non per niente sin dalla nascita tendiamo ad avere un nome, che in parte è specchio della cultura a cui apparteniamo, del paese o semplicemente del “ceppo” familiare di cui facciamo parte.
Nominare è quindi identità, non giudizio.
E come il nome proprio, non è un’identità completa, ma un pezzettino che va ad aggiungersi alla propria identità e al fatto che altri, chiamandoti in quel modo, identificano parte del tuo essere. Dicono che tu ci sei e ci sei in quanto persona che ha quelle caratteristiche.
Credo che questo passaggio sia importante perchè è anche alla base di una cosa che attualmente viene presa molto sottogamba: l’omofobia. Chi continua a credere che non sia necessaria una legge (severa!) contro l’omofobia lo fa creando proprio questo mondo fatato in cui “siamo tutti uguali”.
Ma non è così: se una persona ti aggredisce perchè sei gay, è indubbiamente un’aggravante. Non ti sta odiando perchè sei antipatico, ti sta odiando perchè a te uomo o donna piace un altro uomo o donna. Ti sta identificando e nell’identificare come sei sta cercando di annullare quella tua parte con la violenza.
Combattiamo quindi il giudizio, ma non facciamolo estremizzando fino ad eliminare la propria autodeterminazione. É importante ed è qualcosa di terribilmente moderno e “inclusivo”, non discriminatorio.